IL LIBRO DELLA 40

Voglia di raccontarci. E quale migliore occasione di un libro nel quale raccogliere i nostri aneddoti, le nostre emozioni, i nostri ricordi e le nostre fotografie?

Alcuni hanno già inviato i loro scritti. Fallo anche tu: metti nero su bianco le sensazioni della 40esima Batteria e mandaci il file.

Non rimandare, inizia subito!!

Scriviamo la nostra storia della 40 !!!


dbernabei@iol.it

oppure visita il sito www.40bty.it




mercoledì 16 gennaio 2008

LA BATTERIA INVISIBILE /2

(segue - 2)

Vado a bussare alla porta di una cascina. Mi apre una specie di vichingo cinquanta chili più pesante di me. Gli spiego chi siamo e cosa facciamo. In un inglese approssimativo mi dice che lo sa, che tutti nel circondario lo sanno, poi mi dà una pacca sulla spalla che ricorderò a vita e mi invita ad entrare in casa con il mio radiofonista. Siamo bagnati fradici.

Una donna grossa come il padrone di casa arriva con una nidiata di bambini tutti biondo cenere. Lo ringrazio ma non ho tempo. Gli dico cosa mi serve e se può parlare con i suoi vicini.
Il "vichingo" guarda la moglie, è preoccupato. Mi chiede quanto tempo. Rispondo un giorno, forse due. A quel punto mi fa una domanda che mi lascia di sasso, vuole sapere se ci disturbano o se possono continuare a rimanere in casa “loro” e a lavorare nei “loro” campi.

La batteria arriva verso l’una di notte. Non piove più però sta scendendo la nebbia. I camion si muovono con le luci da guerra blu accese e i motori al minimo. I capipezzo fanno strada a piedi. Dal tetto della mia macchina vedo il puntino rosso delle loro torce oscurate e la luce verde del goniometro in alto, sopra la cisterna dell’acqua.
Mi avvicino agli uomini del pezzo base, il 3°, quello che per primo deve essere pronto ad aprire il fuoco. Hanno sganciato l’obice dal camion e stanno arrancando per spingerlo in posizione.
Il capopezzo è un sergente siciliano con le mani grosse come vanghe. Mi guarda scuotendo la testa. Gronda sudore sotto l’elmetto. Non è sicuro di riuscire a trascinare quei 1.200 chili di ferro dove voglio che vadano, dentro il capanno degli attrezzi, con la bocca da fuoco che fuoriesce dal finestrone centrale, puntata a Nord-Est.

Mi metto anch’io a spingere. Metro dopo metro il 105/14 arriva in posizione. Poi tocca agli altri pezzi, sempre a mano, nel silenzio rotto solo dal rumore sordo delle pesanti code che si aprono.
Torno verso il posto comando. Il ronzio soffocato del gruppo elettrogeno che lo alimenta mi guida nel buio. Apro il portone del granaio che il "vichingo" mi ha messo a disposizione. L’ufficiale al tiro è riuscito a infilarci tutto, camion compreso, nel più assoluto silenzio. È un ragazzo in gamba. Molto in gamba. Non per niente diventerà quello che è oggi: uno degli uomini più importanti della finanza italiana.
Qualche minuto dopo arrivano i comandanti di sezione. <>, mi dicono.

Sono più o meno le due di notte. Un’ottantina di uomini, 6 obici, una decina di camion leggeri e sette da 4 tonnellate, nascosti all’interno di granai, silos, o tra le siepi dei giardini. E i 105/14 sono tutti in grado di assolvere al compito che ci è stato assegnato.

Alle 07.00 la nebbia inizia a diradarsi. Sento il rumore di un elicottero. È il Comandante della Force Artillery. Ci gira sopra la testa per qualche minuto, poi il Gazelle atterra nelle stoppie.
Il colonnello scende, si guarda intorno. Dal granaio del posto comando lo vedo controllare la sua carta. È convinto che la batteria non sia dove deve essere. È invece c’è, solo che non si vede.

Il Comandante si muove in direzione della cascina alla sua sinistra e finisce dritto nella buca della mitragliatrice della difesa vicina. Rimane di stucco. Specie quando il comandante della difesa vicina gli offre un pezzo di torta di mele preparata nella notte dalla padrona di casa.
Tenemmo quello schieramento per due giorni. E da quella posizione continuammo ad assicurare copertura agli Alpini e agli Inglesi che sostenevano l’urto iniziale delle compagnie Danesi “nemiche”, senza che i loro osservatori riuscissero a beccarci.

Forse in una guerra vera non ce l’avremmo fatta a reggere lo schieramento tanto a lungo, ma protetti come eravamo avremmo subito perdite minime.
Alla fine del secondo giorno di “guerra” rischiavamo di rimanere isolati davanti alle nostre prime linee in ripiegamento, per cui dovemmo sparire in fretta e in silenzio, così come eravamo arrivati. Ma per altri due giorni gli artiglieri continuarono a mangiare le torte di mele cucinate dalle donne di quel villaggio danese letteralmente occupato, di notte, nella nebbia, con i bambini che ci guardavano dalle finestre buie con gli occhi spalancati.

(fine)

3 commenti:

Lorenzo B ha detto...

Se non ricordo male è stato mio comandante a Torino nella compagnia comando nel 1990
Ne è passato di tempo...........

massimo ha detto...

Massimo Miselli alpino nella montegrappa di torino 3/90 sotto la guida del cap Ambrogio Zaffaroni che ricordo per essere uno splendido duro ma umano ufficiale degli alpini. Malgrado il tempo trascorso sia notevole non dimentico i suoi insegnamenti.
Grazie capitano

Unknown ha detto...

2021, 6 luglio .. Oggi parcheggiando al supermercato noto una bella Toyota celica ultra ventennale ferma davanti a me. Mi avvicino per guardare meglio il mezzo e noto sul lunotto due adesivi. Il supernoto Ana e il meno noto associazione veterani quarantesimo batteria che attira la mia attenzione per due parole : Susa e AMF. Cugini.. Penso fra me e me, ex fuciliere assaltatore della 34“cp di Ulzio, ma non ne so molto e qui nei dintorni di Milano non se ne vedono molti quindi appena ho un attimo mi attivo a cercare notizie in merito. Forse sapevo ma qualcosa gli anni hanno sottratto ma d altronde le frequentazioni comuni sicuramente ci sono state. Bousson pi erolo, rivoli... Scopro quindi le basi riguardanti il 40"artiglieria da montagna, leggo della figura del generale Giorgio Battisti e soprattutto dell'associazione dei veterani e vagando sul web mi imbatto in questo racconto su uno dei tanti campi AMF che negli anni si ripetevano e che coinvolgevano i nostri reparti di leva, all interno del contesto NATO. E in questa narrazione, nella verità di questa esperienza che molti di noi hanno vissuto consimile, mi viene da valutare con rammarico la grande perdita che il nostro paese ha avuto snaturando le truppe alpine con i volontari e come la sospensione della naja abbia privato generazioni di giovani di esperienze arricchenti sotto molteplici aspetti non ultimo quello dell appartenenza all istituzioni statali.