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Chi poi non si ricorda di “Attila”!!!
Un carro comando realizzato in proprio, “cabinando” un ACL 51, sulla base delle esigenze emerse sul campo per evitare di avere un posto comando sotto una tenda “a 5 teli” o “4 x 4” ed almeno essere simili ai nostri colleghi stranieri.
“Attila” ben presto fu la mascotte della batteria: riusciva sempre ad arrivare su ogni schieramento, magari al traino od a spinta, non tradiva mai, anche non era molto confortevole. Nella notte del 18 marzo 1976 l’Ufficiale al Tiro venne interessato da congelamento al fondoschiena ed alle piante dei piedi. È stata quella, in assoluto la notte più fredda di trenta anni di manovre nel Grande Nord, il liquido del termometro nel bulbo era sotto i 52°C; all’osservatorio, quella notte nessuno osò leggere la graduazione. Gli obici incruditi suonavano al tiro come campane d’argento.
Quell’ anno eravamo arrivati a Bardufoss il 27 febbraio con – 30°C, partimmo il 24 di marzo con – 33°C. Non avevamo mai superato la temperatura del giorno di arrivo!
La “Quaranta” divenne uno stile di vita del tutto particolare, un po’ guascona, con un linguaggio ed una ritualità che solo i suoi componenti potevano comprendere.
L’entusiasmo era talmente sentito che spesso i Congedanti si facevano punire di consegna di rigore (anche per numerosi giorni) per prolungare il proprio servizio e partecipare così ad un’altra esercitazione all’estero (molti riuscivano ad effettuarne anche 2 o 3).
Un ruolo molto importante in questo lo ricoprirono i sottotenenti di complemento, elementi trainanti per la ventata di novità e di entusiasmo che ogni 3/4 mesi infondevano nella batteria.
Si venne a creare un legame tra noi “Quarantini” del tutto particolare, difficile da descrivere e capire se non si è vissuti nella batteria. Un legame che nasce solo tra Soldati che condividono le stesse difficoltà e perseguono gli stessi obiettivi, capace di superare la “barriera” che una certa mentalità del tempo voleva che ci fosse tra militari di leva ed Ufficiali e Sottufficiali.
Ciò naturalmente portò la batteria a divenire agli occhi di molti (anche diretti Superiori) antipatica, presuntuosa e scomoda da gestire.Il personale si guadagnò presto, non certo per stima, l’etichetta di “operativo”, che a quei tempi si attribuiva al reparto che faceva dell’addestramento – sempre e dovunque – il proprio “credo”, del sacco a pelo il proprio letto e della tuta da combattimento, magari con qualche modifica personalizzata, il proprio abito più elegante.
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