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Il momento più importante delle esercitazioni “Ardent Ground”, il più sentito da tutti, erano le competizioni sportive tra batterie, a conclusioni delle quali veniva eletta la “champion battery” dell’anno. Sparare (più o meno bene) era il nostro mestiere, ma trionfare in quelle gare era una soddisfazione indescrivibile …………con buona pace del decubertiano “l’importante è partecipare”.
Superata la fase iniziale a dir poco “eroica” (forse oggi si potrebbe definire anche un po’ grottesca) quando nelle prime esercitazioni degli anni ’60 venivano utilizzati veicoli ed obici presi in prestito dalla nazione ospitante, la batteria via via assunse una propria identità che veniva tramandata, arricchendola, da scaglione a scaglione di artiglieri.
Ed era sempre così per coloro che arrivavano “freschi” di arruolamento. I “figli” (così in gergo erano chiamate le reclute) capivano ben presto ed altrettanto in fretta si dimostravano capaci di raccogliere il testimone per trasmettere a loro volta il messaggio ai futuri “quarantini”.
Quando nelle Scuole di Tiro in Italia venivano sparati poche decine di colpi per batteria negli stessi poligoni, sugli stessi obiettivi (chi non si ricorda il famoso “albero a palla”…..), la 40a sparava oltre 2.000 colpi ogni anno senza conoscere preventivamente gli schieramenti, gli obiettivi e gli itinerari di afflusso. Anzi era un punto d’orgoglio sparare da nuove posizioni, arrivando poco prima e senza ricognizioni preventive se non quelle del nucleo “R” (ricognizione) che doveva definire lo schieramento.
Il momento più importante delle esercitazioni “Ardent Ground”, il più sentito da tutti, erano le competizioni sportive tra batterie, a conclusioni delle quali veniva eletta la “champion battery” dell’anno. Sparare (più o meno bene) era il nostro mestiere, ma trionfare in quelle gare era una soddisfazione indescrivibile …………con buona pace del decubertiano “l’importante è partecipare”.
Superata la fase iniziale a dir poco “eroica” (forse oggi si potrebbe definire anche un po’ grottesca) quando nelle prime esercitazioni degli anni ’60 venivano utilizzati veicoli ed obici presi in prestito dalla nazione ospitante, la batteria via via assunse una propria identità che veniva tramandata, arricchendola, da scaglione a scaglione di artiglieri.
Ed era sempre così per coloro che arrivavano “freschi” di arruolamento. I “figli” (così in gergo erano chiamate le reclute) capivano ben presto ed altrettanto in fretta si dimostravano capaci di raccogliere il testimone per trasmettere a loro volta il messaggio ai futuri “quarantini”.
Quando nelle Scuole di Tiro in Italia venivano sparati poche decine di colpi per batteria negli stessi poligoni, sugli stessi obiettivi (chi non si ricorda il famoso “albero a palla”…..), la 40a sparava oltre 2.000 colpi ogni anno senza conoscere preventivamente gli schieramenti, gli obiettivi e gli itinerari di afflusso. Anzi era un punto d’orgoglio sparare da nuove posizioni, arrivando poco prima e senza ricognizioni preventive se non quelle del nucleo “R” (ricognizione) che doveva definire lo schieramento.

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