IL LIBRO DELLA 40

Voglia di raccontarci. E quale migliore occasione di un libro nel quale raccogliere i nostri aneddoti, le nostre emozioni, i nostri ricordi e le nostre fotografie?

Alcuni hanno già inviato i loro scritti. Fallo anche tu: metti nero su bianco le sensazioni della 40esima Batteria e mandaci il file.

Non rimandare, inizia subito!!

Scriviamo la nostra storia della 40 !!!


dbernabei@iol.it

oppure visita il sito www.40bty.it




giovedì 31 gennaio 2008

BELGIO

Ringraziamo Sergio Sangiuliano per le foto

Certe cose vanno
viste dall'interno :-)














Partito!

Trova l'obice

lunedì 28 gennaio 2008

Danimarca - Lo spettacolo dell'obice in volo (foto Bricco)


Un momento di tranquillità.
Il mascheramento è vitale;
dai cespugli spunta appena
la bocca dell'obice.
Bravi!!
(foto Bricco)

Fotografie mandate al nostro blog da Giovanni Bricco

Ringraziamo Giovanni Bricco, scaglione 1/83, Caporal Maggiore che ci ha inviato queste fotografie. Sono del campo in Danimarca , settembre 1983.
(sopra) Danimarca - Un momento delicato del trasporto del mitico obice 105/14





Danimarca - Campo base







(a destra) Traccianti nel cielo di Danimarca

giovedì 24 gennaio 2008

Riceviamo da Maurizio Galia...


Cari Ragazzi!

Riscoprire il piacere di appartenere alla Quarantesima incontrandovi agli ultimi raduni e sentire che certe cose non sono mai passate é una gioia incommensurabile.


Questa gioia é amplificata dal fatto che, proprio in questo momento, sto rivestendo l'immortale divisa da Artigliere da Montagna per la seconda volta dopo oltre18 anni dal congedo.


Non mi dilungo sul come e perché sono tornato Militare, anche se per pochi mesi; la cosa essenziale é che, per il nuovo incarico al Comando Regione Nord di Torino, ho chiesto di poter mantenere la mia specialità e mi é stato accordato.


Inutile dire che la gioia del mio ritorno é stata condivisa dal Col.Narzisi, un tempo mio Capitano a Susa, e dal Gen. Battisti; entrambi oggi nostri cari Amici e dal mio Capitano della Quarantesima di allora, l'attuale Col.Claudio Rondano, in servizio a Verona.

Non rubo altro spazio perché ho molto da raccontare e ci sentiremo presto su questo Blog.


QUARANTA!

martedì 22 gennaio 2008

RADUNO - TORINO 2005

Per le foto ringraziamo Ugo Rossi


Giovanni (a sinistra) e Stefano al raduno di Torino


Un momento della cerimonia: si depone una corona in memoria dei caduti














"Sempre e ovunque"






Riceviamo...

...e molto volentieri pubblichiamo lo scritto di Bruno Pasquarelli, ex caporalmaggiore.

«Buonasera, vi ho visti durante il raduno 2007 a Fossano.
Vi ho rivisti sulle foto del blog dedicato alla 40^.

Ancora oggi mi emoziono e sento un moto d'orgoglio che mi pervade perchè anch'io, dal dicembre 83 al novembre 84, ho avuto l'onore di indossare la divisa della 40^.
"Siamo così o non siamo" : servente al pezzo fino al grado di capopezzo del pezzo 3, il mitico pezzo base.

Norvegia e Scozia sotto la guida di un capitano unico come il "nostro" capitano Battisti.

Emozioni ed esperienze che sono servite a tutti noi per forgiare quel senso di appartenenza e collaborazione che penso solo noi possiamo capire.Un augurio a rivederci quanto prima e.......ricordati che sei della quaranta.»

mercoledì 16 gennaio 2008

LA BATTERIA INVISIBILE

Pubblichiamo il racconto di AMBROGIO ZAFFARONI. Nella 40^ batteria ha assunto l'incarico di comandante sezione obici. Transitato successivamente in servizio permanente è stato comandante del nucleo R [ricognizione, NdR] e poi sottocomandante di batteria per molti anni. Promosso capitano ha lasciato la 40^ batteria nel 1988.


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Isola di Sjaelland, Danimarca. Settembre 1983.

La Forza Mobile del Comando Alleato in Europa simula la difesa dell’isola di Copenaghen da un attacco condotto dal Patto di Varsavia. Grazie a Dio nessuno morirà in battaglia, ma per il resto tutto sarà maledettamente realistico, come sempre. Specie per noi Artiglieri Alpini.

Il battaglione Susa ha ricevuto l’ordine di occupare la sua posizione difensiva. La 40^ è in supporto diretto. Gli ufficiali osservatori sono già con le loro compagnie. Il comandante Giorgio Battisti ha già raggiunto il posto comando di battaglione da dove dirigerà il piano di fuoco difensivo, a protezione dei capisaldi. Tutto il resto del baraccone, camion delle munizioni compresi, è con me in posizione d’attesa, mascherato in un bosco a circa dieci chilometri di distanza dallo schieramento che dovremo assumere. Siamo in silenzio radio.
Sono teso come una corda di violino. So che l’ordine di muovere sta per arrivare ma sono sereno: è tutto pronto, la gente sa perfettamente quello che deve fare.

Piove da un paio di giorni e l’umidità scende sempre più nelle ossa degli Artiglieri.
Alle 19.00 arriva il nostro ufficiale di collegamento presso il Fire Direction Center della Force Artillery. È il più anziano ed esperto di tutti noi. Per me, alla linea pezzi, è un punto di riferimento costante. Per gli abitanti di un importante comune piemontese sarà, anni dopo, un sindaco stimato.

"È cambiato tutto", mi dice senza cerimonie. "Devi stare nella stessa area che ci hanno assegnato. Il comandante della Force Artillery è convinto che attaccheranno nel settore del battaglione inglese, per cui vuole che la batteria assicuri supporto diretto al Susa, ma che sia anche in grado di intervenire in qualsiasi momento a favore degli inglesi. Hai più o meno tre ore di tempo."
Tre ore di tempo...

Lo schieramento che abbiamo preparato nei giorni precedenti è perfetto. Ben protetto dalla osservazione e dal fuoco “nemico”, terreno solido, nessun rischio di impantanarsi. Ma adesso non serve più! Da lì non riesco a far fronte alle richieste di copertura senza cadere in bocca all’osservazione “nemica” e al fuoco di controbatteria.
Tre ore di tempo, e comincia a fare buio.

Chiamo i comandanti di sezione e i capipezzo a rapporto. Spiego la situazione. Dico che riceveranno ordini per assumere il nuovo schieramento tramite il motociclista, poi parto con il nucleo “Ricognizione”.
Arrivo e studio quei sette o otto ettari di terra danese per l’ennesima volta. A parte la valletta che avevamo già preparato per schierare gli obici non c’è un pezzo di terra che offra copertura. Solo campi e cascine sparse in un lago di fango.
Ho poco tempo. La batteria deve potersi schierare, nel modo migliore, come sempre. Nonostante il freddo, sudo. E come me sudano anche i miei uomini.

I nostri vecchi non avrebbero avuto dubbi: per supportare le prime linee e garantire un minimo di sopravvivenza alla batteria avrebbero occupato cascine, aie, silos. La guerra li avrebbe costretti a farlo. Però, in fondo, noi stiamo addestrandoci proprio per questo. E lo stiamo facendo a beneficio di questa gente.

(segue)

LA BATTERIA INVISIBILE /2

(segue - 2)

Vado a bussare alla porta di una cascina. Mi apre una specie di vichingo cinquanta chili più pesante di me. Gli spiego chi siamo e cosa facciamo. In un inglese approssimativo mi dice che lo sa, che tutti nel circondario lo sanno, poi mi dà una pacca sulla spalla che ricorderò a vita e mi invita ad entrare in casa con il mio radiofonista. Siamo bagnati fradici.

Una donna grossa come il padrone di casa arriva con una nidiata di bambini tutti biondo cenere. Lo ringrazio ma non ho tempo. Gli dico cosa mi serve e se può parlare con i suoi vicini.
Il "vichingo" guarda la moglie, è preoccupato. Mi chiede quanto tempo. Rispondo un giorno, forse due. A quel punto mi fa una domanda che mi lascia di sasso, vuole sapere se ci disturbano o se possono continuare a rimanere in casa “loro” e a lavorare nei “loro” campi.

La batteria arriva verso l’una di notte. Non piove più però sta scendendo la nebbia. I camion si muovono con le luci da guerra blu accese e i motori al minimo. I capipezzo fanno strada a piedi. Dal tetto della mia macchina vedo il puntino rosso delle loro torce oscurate e la luce verde del goniometro in alto, sopra la cisterna dell’acqua.
Mi avvicino agli uomini del pezzo base, il 3°, quello che per primo deve essere pronto ad aprire il fuoco. Hanno sganciato l’obice dal camion e stanno arrancando per spingerlo in posizione.
Il capopezzo è un sergente siciliano con le mani grosse come vanghe. Mi guarda scuotendo la testa. Gronda sudore sotto l’elmetto. Non è sicuro di riuscire a trascinare quei 1.200 chili di ferro dove voglio che vadano, dentro il capanno degli attrezzi, con la bocca da fuoco che fuoriesce dal finestrone centrale, puntata a Nord-Est.

Mi metto anch’io a spingere. Metro dopo metro il 105/14 arriva in posizione. Poi tocca agli altri pezzi, sempre a mano, nel silenzio rotto solo dal rumore sordo delle pesanti code che si aprono.
Torno verso il posto comando. Il ronzio soffocato del gruppo elettrogeno che lo alimenta mi guida nel buio. Apro il portone del granaio che il "vichingo" mi ha messo a disposizione. L’ufficiale al tiro è riuscito a infilarci tutto, camion compreso, nel più assoluto silenzio. È un ragazzo in gamba. Molto in gamba. Non per niente diventerà quello che è oggi: uno degli uomini più importanti della finanza italiana.
Qualche minuto dopo arrivano i comandanti di sezione. <>, mi dicono.

Sono più o meno le due di notte. Un’ottantina di uomini, 6 obici, una decina di camion leggeri e sette da 4 tonnellate, nascosti all’interno di granai, silos, o tra le siepi dei giardini. E i 105/14 sono tutti in grado di assolvere al compito che ci è stato assegnato.

Alle 07.00 la nebbia inizia a diradarsi. Sento il rumore di un elicottero. È il Comandante della Force Artillery. Ci gira sopra la testa per qualche minuto, poi il Gazelle atterra nelle stoppie.
Il colonnello scende, si guarda intorno. Dal granaio del posto comando lo vedo controllare la sua carta. È convinto che la batteria non sia dove deve essere. È invece c’è, solo che non si vede.

Il Comandante si muove in direzione della cascina alla sua sinistra e finisce dritto nella buca della mitragliatrice della difesa vicina. Rimane di stucco. Specie quando il comandante della difesa vicina gli offre un pezzo di torta di mele preparata nella notte dalla padrona di casa.
Tenemmo quello schieramento per due giorni. E da quella posizione continuammo ad assicurare copertura agli Alpini e agli Inglesi che sostenevano l’urto iniziale delle compagnie Danesi “nemiche”, senza che i loro osservatori riuscissero a beccarci.

Forse in una guerra vera non ce l’avremmo fatta a reggere lo schieramento tanto a lungo, ma protetti come eravamo avremmo subito perdite minime.
Alla fine del secondo giorno di “guerra” rischiavamo di rimanere isolati davanti alle nostre prime linee in ripiegamento, per cui dovemmo sparire in fretta e in silenzio, così come eravamo arrivati. Ma per altri due giorni gli artiglieri continuarono a mangiare le torte di mele cucinate dalle donne di quel villaggio danese letteralmente occupato, di notte, nella nebbia, con i bambini che ci guardavano dalle finestre buie con gli occhi spalancati.

(fine)

LA 40^ BATTERIA. QUESTA (S)CONOSCIUTA? - Introduzione

Pubblichiamo il contributo del "nostro" Generale di Divisione Giorgio Battisti, Stato Maggiore dell’Esercito. Sottocomandante (1976 – 80) e poi Comandante (1982 – 87) della 40^ batteria


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Questo mio racconto non riguarderà una persona od un singolo episodio di vita alpina; sarà la storia di una compagine compatta e motivata che, alle tradizioni e capacità di operare in montagna, univa una competenza tecnico – professionale unica in quegli anni per l’Esercito Italiano: la 40a batteria del gruppo artiglieria da montagna “Pinerolo” della Brigata alpina “Taurinense”.

I contenuti del testo potrebbero sembrare inverosimili o intrisi di esagerazioni. Ma chi ha vissuto quei tempi nella batteria non avrà difficoltà a riconoscere che quanto descritto corrisponde esattamente alla realtà. Per tutti gli altri, che poi sono la maggioranza, chiedo un atto di fede!!

Parlare della “Quaranta” significa rivivere un’emozione, un sentimento che inorgoglisce chi ne ha fatto parte: un periodo che ha lasciato in tutti noi una forte impronta che non ci abbandonerà più. Non per tutti sarà così, ovviamente. Ma per molti, moltissimi, sì.

Una batteria che dal 1962, quando ancora si chiamava 2a batteria del gruppo “Susa”, nell’ambito del gruppo tattico “Susa”, venne inserita nella Forza Mobile Terrestre del Comando Alleato in Europa (Allied Command Europe Mobile Force Land – AMF/L) (1)

Quando buona parte delle forze terrestri occidentali si addestrava negli stessi poligoni ripetendo schemi di manovre sempre uguali; quando equipaggiamenti, materiali e munizioni erano rappresentati da cartoncini colorati, la Forza Mobile si schierava nelle regioni considerate le più critiche dell’Europa e della Turchia per dimostrare la ferma intenzione dell’Alleanza Atlantica di difendere i propri confini reagendo con immediatezza a qualunque minaccia di aggressione.

I reparti dell’AMF(L) muovevano dalle proprie sedi stanziali al completo di “armi e bagagli” ed in pochi giorni erano pronti per svolgere attività addestrative intense per durata e realismo (di oltre venti/trenta giorni), senza interruzioni per intervalli rancio o condizioni meteo avverse.
Nulla a che vedere, naturalmente, con i sacrifici e le sofferenze dei nostri “Padri” nel corso dei due conflitti mondiali, ma sparare a – 42° a Saettermoen in Norvegia, bruciando le cariche di lancio avanzate sotto il blocco di culatta dell’obice per evitare che il meccanismo si congelasse dopo aver sparato il colpo, era sempre …….. un’emozione, soprattutto per noi “figli della nutella e delle merendine”.
Questa realtà aveva consentito ai reparti della Brigata “Taurinense”, e quindi anche alla 40° batteria, di maturare “sul terreno” una non comune esperienza in campo operativo, addestrativo e, soprattutto, logistico.
La vita della batteria era scandita dagli appuntamenti che ogni anno doveva onorare ed ai quali non si poteva derogare: la partecipazione a complesse esercitazioni a fuoco ed in bianco dall’estremo nord norvegese al Caucaso turco, passando per gli stretti danesi, l’Italia del nord est, la Tracia greca e turca.

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[(1) L’AMF(L), costituita ad Heidelberg in Germania Ovest nel 1960, era una grande unità multinazionale della forza pari ad una Brigata leggera che per oltre 40 anni è stata il simbolo della solidarietà delle nazioni appartenenti alla NATO. La Forza è stata disciolta il 30 ottobre 2002.

(segue)

LA 40^ BATTERIA. QUESTA (S)CONOSCIUTA? /1

(segue - 1)

Il momento più importante delle esercitazioni “Ardent Ground”, il più sentito da tutti, erano le competizioni sportive tra batterie, a conclusioni delle quali veniva eletta la “champion battery” dell’anno. Sparare (più o meno bene) era il nostro mestiere, ma trionfare in quelle gare era una soddisfazione indescrivibile …………con buona pace del decubertiano “l’importante è partecipare”.

Superata la fase iniziale a dir poco “eroica” (forse oggi si potrebbe definire anche un po’ grottesca) quando nelle prime esercitazioni degli anni ’60 venivano utilizzati veicoli ed obici presi in prestito dalla nazione ospitante, la batteria via via assunse una propria identità che veniva tramandata, arricchendola, da scaglione a scaglione di artiglieri.
Ed era sempre così per coloro che arrivavano “freschi” di arruolamento. I “figli” (così in gergo erano chiamate le reclute) capivano ben presto ed altrettanto in fretta si dimostravano capaci di raccogliere il testimone per trasmettere a loro volta il messaggio ai futuri “quarantini”.

Quando nelle Scuole di Tiro in Italia venivano sparati poche decine di colpi per batteria negli stessi poligoni, sugli stessi obiettivi (chi non si ricorda il famoso “albero a palla”…..), la 40a sparava oltre 2.000 colpi ogni anno senza conoscere preventivamente gli schieramenti, gli obiettivi e gli itinerari di afflusso. Anzi era un punto d’orgoglio sparare da nuove posizioni, arrivando poco prima e senza ricognizioni preventive se non quelle del nucleo “R” (ricognizione) che doveva definire lo schieramento.
L’obice da 105/14 divenne l’amico più fedele del quale si conosceva ogni caratteristica, ogni bullone ed ogni acciarino. Un pezzo di ferro di 1.200 kg che veniva manovrato dai Serventi con tale perizia e dimestichezza, sia nel tiro indiretto sia in quello contro/carro, che sembrava veder impiegare “una pistola”, un po’ come l’artiglieria napoleonica. L’elicottero divenne, invece, il mezzo di trasporto più consueto per le “prese di posizione” (con tutti i materiali e munizionamento al seguito).

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LA 40^ BATTERIA. QUESTA (S)CONOSCIUTA? /2


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Il poligono di Ciriè era il nostro luogo di abituale dimora, dove si passavano giorni e giorni (e notti) senza limitazioni di cattivo tempo (tanto gli Alpini non erano e non sono solubili!) per addestrarci in piena autonomia cercando di migliorare gli standard di rendimento in vista della “sfida” (così era vissuta dagli Artiglieri) con le altre batterie della Force Artillery.
Le Valli Lanzo e la Val Maira, unitamente al Gran Dubbione ed al Frioland, erano i nostri luoghi di villeggiatura ricorrenti.

Il forte senso di appartenenza, il duro addestramento, nonché l’elevato livello di preparazione, ha portato nel tempo la batteria ad ottenere brillanti riconoscimenti in ambito NATO e contribuito a mantenere alto il prestigio delle Forze Armate italiane nelle oltre 70 esercitazioni alle quali la “Quaranta” ha preso parte dal 1963 al 1999.

E questo è ancor più vero se si considera che, a meno degli ultimi anni, il personale era esclusivamente di leva e si doveva “misurare” con reparti stranieri di professionisti.
Un giorno un Alto Ufficiale Generale italiano, allora Comandante dell’AMF (L), durante una “Ardent Ground” nel regno Unito (Salisbury Plan), disse al Capo di Stato Maggiore dell’Esercito in visita, che nel confronto era come bere un bicchiere di whisky (soldati professionisti) rispetto ad una tazza di tè (militari di leva).

Per contro, rimane indelebile il ricordo della visita alla batteria del SACEUR (1), Gen. US Alexander Haig, nel maggio del 1978 nel poligono di Elsenborg in Belgio.
Egli, dopo aver chiesto il permesso di entrare nello schieramento durante il fuoco ed avere osservato lo svolgersi delle procedure di tiro, ad intervento ultimato, volle recarsi a complimentare tutta la linea pezzi che, da “batteria pilota”, aveva diretto con bravura e celerità il fuoco di tutte le batterie della Force sull’obiettivo.
Il caporalmaggiore capopezzo del 3° pezzo, quello base, gli si presentò e lo fece in un buon inglese, cosa che già stupì il Generale; quando questi gli chiese quanti anni di servizio militare avesse, il caporalmaggiore gli rispose “ten months”.
Il Generale gli sorrise e replicò “sorry, ten years “; ”no” disse il capopezzo “, “dieci mesi”, il Generale scosse la testa e disse “Italians, fantastic, ten months”.

A forza di addestrarsi all’estero, si acquisì una sicura competenza che permise di realizzare e foggiare procedure d’intervento, metodologie d’impiego e soluzioni originali che, a dire il vero, non sempre erano gradite in Italia.

E così vennero tolti gli scudi agli obici, per evitare che si impigliassero nelle cinghie dell’ elitrasporto durante il volo; furono utilizzate le procedure d’impiego inglesi, in uso nella Force Artillery e naturalmente molto più funzionali; si modificarono le vecchie buffetterie inglesi della 2a Guerra Mondiale, per renderle almeno funzionali se non esteticamente migliori. Ci si fece prestare i bastoni con illuminazione a pila dai Vigili Urbani di Torino per far le indispensabili segnalazioni per l’elitrasporto notturno, e tante altre piccole cose.
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(1) Comandante Supremo delle Forze Alleate in Europa.

(segue)

LA 40^ BATTERIA. QUESTA (S)CONOSCIUTA? /3

(segue - 3)

Chi poi non si ricorda di “Attila”!!!
Un carro comando realizzato in proprio, “cabinando” un ACL 51, sulla base delle esigenze emerse sul campo per evitare di avere un posto comando sotto una tenda “a 5 teli” o “4 x 4” ed almeno essere simili ai nostri colleghi stranieri.

“Attila” ben presto fu la mascotte della batteria: riusciva sempre ad arrivare su ogni schieramento, magari al traino od a spinta, non tradiva mai, anche non era molto confortevole. Nella notte del 18 marzo 1976 l’Ufficiale al Tiro venne interessato da congelamento al fondoschiena ed alle piante dei piedi. È stata quella, in assoluto la notte più fredda di trenta anni di manovre nel Grande Nord, il liquido del termometro nel bulbo era sotto i 52°C; all’osservatorio, quella notte nessuno osò leggere la graduazione. Gli obici incruditi suonavano al tiro come campane d’argento.
Quell’ anno eravamo arrivati a Bardufoss il 27 febbraio con – 30°C, partimmo il 24 di marzo con – 33°C. Non avevamo mai superato la temperatura del giorno di arrivo!

La “Quaranta” divenne uno stile di vita del tutto particolare, un po’ guascona, con un linguaggio ed una ritualità che solo i suoi componenti potevano comprendere.
L’entusiasmo era talmente sentito che spesso i Congedanti si facevano punire di consegna di rigore (anche per numerosi giorni) per prolungare il proprio servizio e partecipare così ad un’altra esercitazione all’estero (molti riuscivano ad effettuarne anche 2 o 3).
Un ruolo molto importante in questo lo ricoprirono i sottotenenti di complemento, elementi trainanti per la ventata di novità e di entusiasmo che ogni 3/4 mesi infondevano nella batteria.

Si venne a creare un legame tra noi “Quarantini” del tutto particolare, difficile da descrivere e capire se non si è vissuti nella batteria. Un legame che nasce solo tra Soldati che condividono le stesse difficoltà e perseguono gli stessi obiettivi, capace di superare la “barriera” che una certa mentalità del tempo voleva che ci fosse tra militari di leva ed Ufficiali e Sottufficiali.

Ciò naturalmente portò la batteria a divenire agli occhi di molti (anche diretti Superiori) antipatica, presuntuosa e scomoda da gestire.Il personale si guadagnò presto, non certo per stima, l’etichetta di “operativo”, che a quei tempi si attribuiva al reparto che faceva dell’addestramento – sempre e dovunque – il proprio “credo”, del sacco a pelo il proprio letto e della tuta da combattimento, magari con qualche modifica personalizzata, il proprio abito più elegante.

(segue)

martedì 15 gennaio 2008

LA 40^ BATTERIA. QUESTA (S)CONOSCIUTA? /4

(segue - 4)

Si veniva anche chiamati “i convinti”, le “mosche bianche”, i “gasati”: forse più per invidia che per altro. Non potendo “imitarci” (di 40 ce ne era una sola!), cercavano in tutti i modi di denigrarci, metterci in cattiva luce od in difficoltà.
In quei meschini dispetti si distinse un Capo Centro Tiro del gruppo “Pinerolo” che non perdeva occasione per crearci problemi nell’addestramento, nell’assegnazione del personale e nell’appron-tamento per le attività all’estero.

Ma quando al “rompete le righe” dopo l’alza bandiera rimbombava l’urlo “Quaranta”, si percepiva negli altri una sorta di malcelata ammirazione ed in noi un forte senso di fierezza e dignità, di chi si era guadagnato “sul campo” il rispetto e la credibilità.

E a chi ci accusava di non essere Alpini (la famosa “Alpinità”) si rispondeva con i fatti: le ascensioni!
Tanto per ricordarne alcune: Gran Paradiso (4.061 m) nel 1983, Adamello (3.554 m) nel 1984, Croce Rossa (3.556 m) nel 1985, Uia di Ciamarella (3.637 m) nel 1986, Terranera (3.100 m) nel 1989, Ondezzana (3.492 m) nel 1991, Meidassa (3.105 m) nel 2006.

Le critiche, i dispetti e le ritorsioni invece di indebolire fortificarono il carattere; anzi furono lo stimolo per un gruppo sempre più compatto e fiero di questa “diversità” che portò a coniare il motto “siamo così … o non siamo”.
Un motto che racchiudeva un modo di essere, di interpretare la vita militare all’impronta di una disciplina condivisa e di una certa dose di spregiudicatezza.

L’attaccamento dei montagnini a questa batteria si è mantenuto anche dopo il congedo, consolidandosi nel tempo, a conferma di quanto fossero forti le amicizie e vivi i ricordi maturati sotto le armi. Ne è una conferma la creazione di un sito internet dedicato (http://www.40bty.it/) e la voglia di vedersi anche dopo anni. Dal 2003 i “Veterani della 40” si incontrano annualmente per perpetuare i propri ricordi.

Per concludere, un particolare pensiero ai Volontari, i Soldati professionisti che sono il presente ed il futuro della batteria (e di tutto l’Esercito).

I quarantini del 1°, 2° e 3° corso VSP dal 1997 al 2000, smentendo anche i più scettici, hanno continuato a mantenere alto il prestigio della “Quaranta”, forti delle tradizioni e dello stile di vita dei loro predecessori di leva. In ambito internazionale per primi sono impiegati, proprio come 40^ bty, in operazione in Kosovo (2000) a difesa dell’enclave serba di Goradzevac ed a protezione, con i propri obici da 105/14, del contingente francese.
Durante quel periodo il personale dei nuclei Osservazione ha ricevuto gli elogi dei colleghi della US Army per la professionalità con la quale hanno diretto gli interventi illuminanti di una batteria della US Artillery. Quest’ultima circostanza costituisce ulteriore prova della perfetta integrazione in contesto multinazionale e di eccellente grado di conoscenza delle procedure della NATO.

(segue)

LA 40^ BATTERIA. QUESTA (S)CONOSCIUTA?

(segue - 5)



Desidero, infine, ricordare alcuni personaggi che sono stati gli elementi portanti nel tempo della batteria:

- Cap. Giovanni Greco (detto Giuanin), ancora un mito, che ha preso parte a quasi tutte le esercitazioni della batteria dal 1968 al 1989. Per anni è stato un fermo punto di riferimento per i giovani ufficiali (sicuramente per lo scrivente) per la serenità che riusciva a trasmettere anche nelle situazioni più impegnative. È ancora ricordato nei “bivacchi dei veterani” per i litri di caffè bevuti ad ogni ora e per l’affettuoso abbraccio “mozzafiato” riservato agli amici più cari (Zaffaroni ne sa qualcosa);
- Cap. Bruno Baudissard, il primo ad avere avuto la volontà e le capacità di dare un sensibile impulso innovativo alla batteria portandola su standard analoghi a quelli delle altre batterie della Force Artillery;
- Ten. Francesco Narzisi (ora Colonnello Comandante del 1° reggimento artiglieria da montagna dove è inserita la 40 bty), sottocomandante e membro fondatore del club “figli del sole”, per il carisma e l’entusiasmo che lo animava e che trasmetteva a tutto il reparto. Era anche noto per il foulard mimetico che portava al collo anche nel sacco a pelo o in costume da bagno;
- Ten. Ambrogio Zaffaroni, forse l’Ufficiale più capace e competente presente in quegli anni e dal “fisique de role” che meglio impersonava lo stile della batteria. Era ricordato anche per la passione per l’antipasto “dell’alpino” delle razioni di campagna;
- Cap. Giorgio Ramenghi, detto cirrus, un tempo il miglior Ufficiale Osservatore della Force Artillery;
- Generale di C.A. Benito Gavazza, Comandante del 4° Corpo d’Armata Alpino, che capì subito lo spirito della batteria, malgrado le “malelingue”. Al Generale Gavazza la batteria deve sempre essere riconoscente per aver fatto assegnare nel 1985 i fucili FAL per truppe alpine in sostituzione dei Garand, in deroga alle disposizioni organiche del tempo;
- Gen. di B. Angelo Becchio, Comandante della Brigata “Taurinense”, che anche lui comprese lo spirito della batteria e ne sostenne il potenziamento.

desidero terminare con due osservazioni.
La prima è rivolta a tutti gli Artiglieri della “Quaranta”, che ringrazio ancora una volta per la generosità, lo spirito di sacrificio e la disponibilità che hanno sempre assicurato in ogni circostanza. Spesso mi chiedevo, tra me e me, se nelle stesse situazioni sarei stato in grado di comportarmi come loro. Li ringrazio per avermi sopportato anche quando i miei atteggiamenti erano a volte un po’ troppo “bruschi”!


La seconda è relativa all’esperienza maturata nei 9 anni passati in 40^ bty. Questa esperienza mi è sempre tornata molto utile nel prosieguo della vita militare, soprattutto nelle missioni all’estero, quando ho potuto affrontare adeguatamente situazioni critiche, specie in campo logistico, rifacendomi ai modelli di riferimento dell’AMF(L) secondo lo stile della quarantesima batteria!


Generale di Divisone Giorgio Battisti, in servizio allo Stato Maggiore dell’Esercito
Sottocomandante (1976 – 80) e poi Comandante (1982 – 87) della 40a batteria

La 40a batteria questa (s)conosciuta? /5

(segue - 5)

Desidero, infine, ricordare alcuni personaggi che sono stati gli elementi portanti nel tempo della batteria:

- Cap. Giovanni Greco (detto Giuanin), ancora un mito, che ha preso parte a quasi tutte le esercitazioni della batteria dal 1968 al 1989. Per anni è stato un fermo punto di riferimento per i giovani ufficiali (sicuramente per lo scrivente) per la serenità che riusciva a trasmettere anche nelle situazioni più impegnative. È ancora ricordato nei “bivacchi dei veterani” per i litri di caffè bevuti ad ogni ora e per l’affettuoso abbraccio “mozzafiato” riservato agli amici più cari (Zaffaroni ne sa qualcosa);
- Cap. Bruno Baudissard, il primo ad avere avuto la volontà e le capacità di dare un sensibile impulso innovativo alla batteria portandola su standard analoghi a quelli delle altre batterie della Force Artillery;
- Ten. Francesco Narzisi (ora Colonnello Comandante del 1° reggimento artiglieria da montagna dove è inserita la 40 bty), sottocomandante e membro fondatore del club “figli del sole”, per il carisma e l’entusiasmo che lo animava e che trasmetteva a tutto il reparto. Era anche noto per il foulard mimetico che portava al collo anche nel sacco a pelo o in costume da bagno;
- Ten. Ambrogio Zaffaroni, forse l’Ufficiale più capace e competente presente in quegli anni e dal “fisique de role” che meglio impersonava lo stile della batteria. Era ricordato anche per la passione per l’antipasto “dell’alpino” delle razioni di campagna;
- Cap. Giorgio Ramenghi, detto cirrus, un tempo il miglior Ufficiale Osservatore della Force Artillery;
- Generale di C.A. Benito Gavazza, Comandante del 4° Corpo d’Armata Alpino, che capì subito lo spirito della batteria, malgrado le “malelingue”. Al Generale Gavazza la batteria deve sempre essere riconoscente per aver fatto assegnare nel 1985 i fucili FAL per truppe alpine in sostituzione dei Garand, in deroga alle disposizioni organiche del tempo;
- Gen. di B. Angelo Becchio, Comandante della Brigata “Taurinense”, che anche lui comprese lo spirito della batteria e ne sostenne il potenziamento.

desidero terminare con due osservazioni.
La prima è rivolta a tutti gli Artiglieri della “Quaranta”, che ringrazio ancora una volta per la generosità, lo spirito di sacrificio e la disponibilità che hanno sempre assicurato in ogni circostanza. Spesso mi chiedevo, tra me e me, se nelle stesse situazioni sarei stato in grado di comportarmi come loro. Li ringrazio per avermi sopportato anche quando i miei atteggiamenti erano a volte un po’ troppo “bruschi”!

La seconda è relativa all’esperienza maturata nei 9 anni passati in 40^ bty. Questa esperienza mi è sempre tornata molto utile nel prosieguo della vita militare, soprattutto nelle missioni all’estero, quando ho potuto affrontare adeguatamente situazioni critiche, specie in campo logistico, rifacendomi ai modelli di riferimento dell’AMF(L) secondo lo stile della quarantesima batteria!

(fine)